È di alcuni giorni fa la notizia del dissequestro di ben 493 siti internet.
“Il blocco era stato richiesto, e ottenuto, da una multinazionale della moda nell’ambito di una campagna contro la vendita di prodotti contraffatti online.Il giudice – che ha giudicato ‘esorbitante’ l’oscuramento – ha invitato a raccogliere altre prove che permettano di confermare il reato.Una sentenza che evita i sequestri facili dei siti” (fonte Repubblica.it)
Siamo a una svolta epocale. Una sentenza che creerà un importante precedente.
Non si può, in un Paese democratico come il nostro, oscurare (non rendere più visibile online) circa 500 siti internet, solamente perché nell’URL (Uniform Resource Locator – sarebbe l’indirizzo che identifica univocamente una risorsa – pagina web, file, immaginie altro – su Internet) vi è il nome di un marchio registrato.
Non si può pensare a una violazione dei diritti d’autore o addirittura intervenendo pesantemente su tutti quei siti e accusandoli di ‘vendere i prodotti del marchio registrato’ in maniera illecita.
Le fasi della vicenda di un noto marchio di piumini francesi comincia nel settembre 2011, quando il GIP di Padova firma un provvedimento per il sequestro preventivo di ben 493 siti.
La sentenza viene impugnata da Assoprovider e AIIIP il 2 novembre 2011, i quali fanno prevalere le loro ragioni e il giudice dichiara che l’oscuramento preventivo, effettuato quando ancora non sussistano elementi provanti un determinato reato, è un’azione illegittima e pertanto ha disposto il dissequestro dei siti incriminati.
A questo punto la vittoria è storica.
D’ora in avanti, i casi verranno esaminati singolarmente e non come hanno fatto prima di questa sentenza, cioè gettando nel “calderone della censura” qualsiasi sito senza nessun controllo e/o verifica nel dettaglio.
Sarà più difficile chiudere un sito internet, prima che le autorità disposte ai controlli abbiano raccolto le prove effettive di un determinato reato.
Ovviamente, ci ricorda Alessandro Longo (repubblica.it) che la vicenda di Padova non è un caso isolato e, in Italia, le Procure “killer”, cioè dal “grilletto facile” in materia di oscuramento siti internet, sono malauguratamente troppe!!!
Pregevole, quindi, il lavoro del Tribunale del riesame che ha richiamato all’ordine la Procura e dissequestrato i siti, ma non va sottovalutato l’enorme sforzo delle associazioni dei providers.
Auspichiamo ben presto la costituzione di appositi uffici per difendere i diritti civili in Internet.